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Smart working: il lavoro “agile”

Con la Legge 22 maggio 2017, n. 81, entrata in vigore il 14 giugno 2017, è stato introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto lavoro agile o smart working, un nuovo modo di concepire il lavoro subordinato,  sia a tempo determinato che indeterminato.

In questo periodo di emergenza sanitaria questa forma di lavoro finora poco utilizzata in Italia è diventata strumento fondamentale, come misura contro la diffusione del contagio negli ambienti di lavoro e indispensabile ora nella ripresa della c.d. Fase 2.

Con i DPCM che si sono susseguiti da marzo 2020 in poi il modello smart working è stato promosso a livello nazionale per tutti i rapporti di lavoro subordinato, ma è stato reso più agile prevedendo la possibilità dell’assenza degli accordi individuali, durante il periodo dell’emergenza.

 


Le caratteristiche del lavoro agile ordinario

 

 

Premessa è quindi che in questo periodo la disciplina del c.d. lavoro agile è stata derogata per quel che riguarda l’accordo scritto tra le parti, che è invece nella disciplina ordinaria assolutamente obbligatorio e che deve disciplinare:

  • la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa che viene svolta fuori dai locali dell’azienda, e come viene esercitato il potere del datore di lavoro;
  • il luogo di svolgimento della prestazione, che può essere svolta in parte in azienda e in parte all’esterno senza una postazione fissa. Il lavoratore può lavorare, quindi, dove gli è più congeniale sia a casa che, per esempio, presso una struttura di co-working;
  • l’utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa, che spesso vengono forniti dal datore di lavoro, utilizzando anche piattaforme e dispositivi aziendali. Va quindi applicata la normativa relativa alla privacy (GDPR) per il trattamento dei dati sensibili, per cui il datore di lavoro elenca al lavoratore, attraverso un’informativa scritta, i rischi generali connessi alla prestazione lavorativa;
  • la tutela assicurativa INAIL per gli infortuni e le malattie professionali, sui rischi per il lavoro svolto all’esterno dei locali aziendali;
  • la durata del rapporto lavorativo, che può essere a tempo determinato o indeterminato;
  • il recesso, che è sempre possibile previo preavviso;
  • i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche per la disconnessione del lavoratore dagli strumenti tecnologici con cui lavora, data la mancanza di vincoli di orario rigidi.

 

 

Smart working e telelavoro

 

 

È importante capire la differenza tra le due fattispecie, che possono essere confuse, soprattutto in questo momento storico.

La flessibilità è il presupposto principe dello smart working, che può essere svolto da remoto ovunque, mentre il telelavoro ha come presupposto che il lavoratore abbia una postazione fissa fuori dall’azienda.

Flessibile nel “lavoro agile” è anche l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore, nel telelavoro, invece, il dipendente anche se lavora fuori dall’azienda è vincolato ad orari di lavoro fissi e ha le stesse responsabilità del posto di lavoro.

Date queste differenze, in questo periodo di pandemia spesso in molte realtà non si può parlare di smart working, bensì di telelavoro, soprattutto per gli orari giornalieri di lavoro imposti.

 

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